Lo stress come Trigger di autoimmunità
Immunità
Il sistema immunitario agisce attraverso due componenti:
- Il sistema immunitario innato, prima linea di difesa, rapido, efficace, ma senza memoria;
- Il sistema immunitario adattativo, più lento, immagazzina informazioni, utilizza gli anticorpi prodotti dai linfociti B che vengono attivati dei linfociti T. Permette di sviluppare una memoria immunitaria.
Tolleranza immunitaria
Il sistema immunitario è normalmente tollerante verso tutte le proteine corporee, i cosiddetti antigeni self. Tale tolleranza viene a svilupparsi in seguito al contatto con gli antigeni self da parte dei linfociti durante la loro maturazione negli organi linfoidi primari cioè midollo osseo e timo oltre che fegato e milza nella vita fetale. La tolleranza può essere persa e indurre una inappropriata attivazione dei linfociti B produttori di anticorpi con processi infiammatori che impegnano organi o interi distretti.
Autoimmunità
Nel momento in cui vengono a mancare i meccanismi di tolleranza, le cellule linfocitarie T del sistema immunitario possono andare incontro ad un’attività errata che innesca una serie di fenomeni a cascata. Conseguenza dell’alterazione e/o perdita della tolleranza verso il self è l’autoimmunità, nel corso della quale sono chiaramente riscontrabili alterazioni della risposta immunitaria con produzione di autoanticorpi, ovvero anticorpi diretti contro il self.
L’autoimmunità può essere una risposta fisiologica oppure patologica del sistema immunitario e in questo secondo caso può esitare nello sviluppo di anomalie cliniche, le patologie autoimmunitarie.
Le patologie autoimmunitarie
Le patologie autoimmunitarie possono colpire un organo (come nei casi di: tiroidite di Hashimoto, Tireotossicosi di Graves, diabete di tipo I, myasthenia gravis) oppure interi apparati o distretti corporei (ad esempio: lupus eritematoso sistemico, sindrome di Sjogren).
Le cellule coinvolte nel meccanismo dell’autoimmunità sono principalmente linfociti T helper e i loro mediatori. Questi linfociti sono deputati ad istruire i linfociti B e le cellule natural killer nelle loro funzioni.
Le patologie autoimmunitarie sono multifattoriali e negli ultimi decenni si è assistito ad un continuo aumento della loro incidenza, influenzata da diversi fattori di rischio fra i quali la dieta e lo stress.
Evidenze e studi clinici suggeriscono che lo stress possa svolgere un ruolo importante nell’eziopatogenesi di queste patologie. Lo stress psicologico, infatti, così come i meccanismi coinvolti per affrontarlo, attivano circuiti ormonali in grado di influenzare anche l’attività del sistema immunitario.
Almeno il 50% delle malattie autoimmunitarie è stato attribuito a trigger sconosciuti e gran parte dei pazienti autoimmunitari ha segnalato di aver vissuto uno stress emotivo straordinario prima dell’insorgenza della malattia. Lo stress inoltre avrebbe un ruolo di mantenimento e aggravamento del decorso della malattia.
Lo stress
La definizione di stress risale ad Hans Seyle che già nel 1936 lo definì “sindrome generale di adattamento” cioè una fisiologica risposta dell’organismo alle modificazioni che ne turbino l’equilibrio psicofisico.
In realtà la specie umana interagisce e risponde costantemente al mondo esterno con un comportamento di adattamento che ha come fine ultimo la sopravvivenza della specie. Lo stress, in tal modo inteso, non è dunque un evento negativo perché è commisurato alla capacità di controllo ed adattamento agli eventi da parte dell’individuo.
Quando gli eventi restano nei limiti di tollerabilità da parte dell’individuo, l’attivazione psicofisica indotta dallo stress risulta in un miglioramento di diverse prestazioni mentali del soggetto. Diviene invece un evento negativo quando, perdurando per tempi più o meno lunghi, con situazioni che mettano l’individuo in discussione riguardo la sua reale capacità di affrontare le situazioni, produce un disadattamento e lo induce a conferire eccessiva gravosità agli eventi e alla loro valutazione.
La relazione tra stress e malattie autoimmunitarie è complessa ed è ancora oggetto di studio. Per artrite reumatoide, lupus eritematoso sistemico, malattie infiammatorie croniche intestinali (morbo di Chron, rettocolite ulcerosa e pancolite), sclerosi multipla e malattia di Graves è stato dimostrato che lo stress è associato all’esordio e all’esacerbazione della malattia. Nei soggetti affetti da psoriasi lo stress sembrerebbe ritardare la guarigione delle lesioni in corso di terapia.
La risposta allo stress
La risposta allo stress è orchestrata dall’asse ipotalamo-ipofisi-surrene e dal sistema nervoso simpatico. La coordinazione di essi avviene attraverso risposte neurormonali mediate dai seguenti ormoni:
- adrenalina
- noradrenalina
- ormone di rilascio della corticotropina (CRH)
- ormone adrenocorticotropo (ACTH)
- glucocorticoidi, in particolare il cortisolo.
Catecolammine e cortisolo esercitano, fra le altre cose, il controllo su diverse cellule del sistema immunitario.
In condizioni fisiologiche il sistema immunitario, in seguito alla stimolazione da parte degli ormoni dello stress si attiverà riducendo la produzione di citochine proinfiammatorie e stimolando la produzione di citochine antinfiammatorie.
Una risposta inadeguata
In presenza di un adeguato ed efficiente meccanismo di regolazione un sistema a feedback negativo invierà il segnale di disattivazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene, proteggendo l’organismo dall’effetto di un eccesso di secrezione di citochine proinfiammatorie potenzialmente dannose per l’organismo.
In condizioni di stress cronico, soprattutto nei soggetti nei quali la fisiologica risposta adattativa lo stress è inadeguata, i mediatori dello stress invieranno un errato segnale per la gestione dello stress.
Tali disfunzioni dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene possono quindi comportare una maggiore suscettibilità nei confronti delle malattie infiammatorie e la severità dell’infiammazione stessa. Inoltre, un asse iperattivo in assenza di infiammazione, causa immunosoppressione e aumenta la suscettibilità all’infiammazione.
L’inadeguata risposta non solo manterrà attivato l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene, ma condizionerà indirettamente altri sistemi regolatori come l’asse simpatico-surrene e l’asse ipotalamo-ipofisi-ovaio e ovviamente il sistema immunitario.
Stress e abitudini di vita
Sarebbe quindi opportuno che il trattamento della malattia autoimmunitaria includesse l’adesione a comportamenti utili a prevenire lo squilibrio immunitario correlato allo stress. Una buona qualità del sonno, una dieta corretta, che apporti tutti i micronutrienti antiossidanti dei vegetali, acidi grassi essenziali dei prodotti della pesca e di alcuni alimenti vegetali, pochi grassi saturi e alimenti processati, insieme ad un adeguato introito di acqua, sembrano essere una strategia nella prevenzione e nella gestione dello stress.
In particolare, occorre fare molta attenzione alla qualità degli acidi grassi introdotti con la dieta, soprattutto EPA e DHA, diretti responsabili della modulazione della cascata infiammatoria, fenomeno fisiologico cardine delle patologie autoimmunitarie. Il loro introito alimentare è squilibrato e molto spesso insufficiente. La dieta occidentale non ci aiuta e troppo spesso sopperiamo integrando con omega-3 in maniera non corretta. Sarebbe opportuno definire il profilo lipidico delle nostre membrane cellulari attraverso un’analisi lipidomica di membrana per poter gestire correttamente il delicato equilibrio alla base della salute delle nostre cellule e compiere scelte alimentari e di integrazione personalizzate, finalizzate alla prevenzione e alla cura.
Bibliografia:
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Articolo a cura di
Dr.ssa Nicoletta Bocchino – Biologo Nutrizionista
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- Il 5 Marzo 2021