CRISI CLIMATICA, SALUTE e ALIMENTAZIONE
Alla fine di questa estate estrema, fatta di temperature altissime, incendi, crollo di ghiacciai, mareggiate e trombe d’aria, possiamo definitivamente ammettere che la crisi climatica è già qui.
Nonostante gli obiettivi fissati dagli Accordi mondiali sul clima, non si può più aspettare: è necessario che ognuno di noi faccia la sua parte. La buona notizia è che, molto spesso, le azioni quotidiane volte al cambiamento fanno sia il bene del pianeta che quello della singola persona, collocandoci in una situazione win-win, in cui, cioè, i benefici sono per tutti.
Tra le scelte ad elevato impatto vi sono, certamente, le scelte alimentari che hanno effetti diretti sia sulla salute dell’individuo che sull’ambiente. Fare bene a sé stessi con l’alimentazione è un ottimo modo per incrementare il benessere sulla salute e su tutto ciò che ci circonda.
“Il sistema alimentare è responsabile di un terzo dell’emissione globale di gas serra derivato dalle attività umane”
Questo è il titolo del recente report elaborato da ricercatori della FAO e dell’europeo Joint Reserch Center di Ispra [1]. Il contributo preponderante viene dall’agricoltura e dall’uso del suolo, mentre il resto si suddivide fra le attività di filiera e il consumo finale degli alimenti. Nel dettaglio, di un totale di 17,9 miliardi di tonnellate di CO2 emesse nell’atmosfera ogni anno:
– il 71% deriva dall’uso del suolo (inclusi deforestazione e incendi per il successivo sfruttamento agricolo) e dalle emissioni dovute alla coltivazione (produzione e uso di fertilizzanti chimici e organici), all’allevamento di bestiame, all’acquacoltura e al carburante usato dalle macchine agricole;
– il 18% si riferisce alla filiera di distribuzione definita come l’insieme dei processi di trasformazione industriale dei prodotti alimentari, trasporto, imballaggio e distribuzione al dettaglio;
– l’11% è relativo al post-vendita, suddiviso in preparazione delle pietanze (principalmente cottura) e gestione dei rifiuti.
Essere sostenibili fa bene alla salute
Gli ultimi dati epidemiologici riportano che circa 2 miliardi di persone nel mondo sono in sovrappeso o in condizione di obesità [2], mentre più di 800 milioni di persone non hanno sufficiente cibo a disposizione. Questo dimostra che l’umanità ha un problema con il cibo che è multidimensionale: l’attuale sistema alimentare non solo ha un costo climatico rilevante, ma ha anche forti ripercussioni sulla salute dell’individuo.
Data l’enorme diversità culturale, sociale, economica, paesaggistica, non esiste una ricetta unica per risolvere la crisi ambientale a livello planetario dovuta alla produzione di alimenti. Tuttavia, ognuno di noi può adottare comportamenti virtuosi a tavola che si rivelano vantaggiosi sia per la singola persona che per la comunità.
- scegliere la filiera corta.
Prediligere la produzione locale significa mantenere le realtà agroalimentari che fanno parte della tradizione culinaria del territorio da molte generazioni, promuovendo allo stesso tempo tecniche di metodiche di coltivazione sostenibili nel rispetto degli equilibri ecologici in cui gli stessi produttori vivono. Questo porta ad un benessere del tessuto economico, sociale ed ambientale anche per le generazioni future.
- scegliere carne da allevamenti non intensivi.
Per anni la carne rossa è stata demonizzata per il suo contenuto di grassi saturi e per il suo effetto sui livelli di colesterolo nel sangue. Tuttavia il profilo lipidico della carne può subire importanti variazioni in relazione alla dieta dell’animale, andando a definire (e migliorare) il rapporto grassi saturi/grassi insaturi (MUFA e PUFA). Scegliere carne da animali allevati al pascolo (“grass-fed” in inglese), non solo significa mangiare carne di migliore qualità nutrizionale (maggiori grassi MUFA e PUFA, vitamine e antiossidanti), ma anche diminuire l’impatto ambientale degli allevamenti intensivi, per la produzione di mangime a base di soia e mais e l’elevatissimo consumo di acqua. Quindi, sí alla carne rossa di qualità, secondo le frequenze di consumo raccomandate.
- scegliere pesce sostenibile.
Le linee guida sull’alimentazione consigliano il consumo di pesce, con particolare riferimento al pesce ricco di grassi omega-3, per i suoi benefici sulla salute. Nonostante ciò, non è obbligatorio consumare esclusivamente salmone e tonno. Si può senza dubbio optare per le specie pescate localmente, diversificandone il consumo, in modo da incrementarne il valore di mercato ed evitare che vengano scartate una volta pescate. Torniamo quindi a consumare il “pesce povero” come nasello, gallinella, sgombro, alici, triglie, sarago, fragolino, sardine…poichè questo può aiutare a mantenere la biodiversità marina ed evitare l’esaurimento degli stock ittici di altre specie considerate più pregiate, come il tonno e il pesce spada. Inoltre, se la dimensione del pesce in età adulta, rimane medio-piccola, al momento del consumo, avrà accumulato meno inquinanti ambientali. Infine, le specie che arrivano velocemente all’età riproduttiva sono meno a rischio di estinzione in seguito a pesca commerciale.
- alternare il latte vaccino con latte da altre specie animali o da vegetali.
Sul mercato vi sono numerose alternative al latte vaccino: il latte di capra sempre più diffuso ne è un esempio, ma anche il latte di asina – ancora costoso – potrebbe essere sviluppato fino a ridurne il costo di produzione. Di questi latti, il profilo lipidico è noto e le differenze con il latte vaccino sono molto interessanti per la salute, giustificando l’interesse per introdurli nell’alimentazione, sin dalla più tenera età. Poi ci sono i “latti vegetali”, ovvero bevande ottenute dalla spremitura di semi oleaginosi, cereali o legumi, un processo che richiede meno emissioni di gas serra, minore uso del suolo e di acqua dolce [4]. Un contributo alla riduzione dell’impronta ambientale della propria dieta può essere quindi il passaggio ad alternative a base vegetale.
Al momento di scegliere la varietà di bevanda animale o vegetale, assieme alle proprie preferenze di gusto, è opportuno orientare la propria scelta seguendo i principi di equilibrio lipidomico, conoscendo il profilo lipidico di ogni bevanda per scegliere in modo personalizzato in base alle proprie esigenze nutrizionali (qui il nostro recente articolo sul confronto lipidomico delle bevande vegetali).
- ridurre gli imballaggi.
Per ogni kg di plastica prodotta, si emettono 1,2 kg di CO2 nell’atmosfera, senza contare la raffinazione dei combustibili e la gestione del rifiuto finale. Se l’assurdità e l’inutilità di molti confezionamenti che troviamo al supermercato non ci fa riflettere sull’impatto ambientale, pensiamo allora all’impatto della plastica sulla nostra salute. Solo negli ultimi anni si è cominciato a parlare degli interferenti endocrini [3]. Si tratta di sostanze che mimano o antagonizzano la segnalazione ormonale e, per questa ragione, hanno forti ripercussioni sulla salute a seconda dell’età e del sesso dell’individuo. Sono stati documentati effetti immunitari, neuroendocrini, riproduttivi, metabolici (dati dai cosiddetti “obesogeni“) in seguito ad esposizione durante la gravidanza, crescita, pubertà, ma anche sulle generazioni successive. Alcune di questi composti sono stati a lungo usati nella produzione di bottiglie, contenitori e pellicole alimentari. Si tratta di sostanze lipofile (attenzione quindi all’imballaggio di alimenti grassi!) i cui effetti non seguono il paradigma della tossicologia: non è possibile definire una curva dose-risposta, nè un valore minimo di tossicità. Inoltre, essendo altamente persistenti nell’ambiente, l’esposizione non è mai di tipo acuto, bensì avviene durante decadi, a bassissime dosi, rendendo estremamente difficile stabilire una relazione causa-effetto con i disturbi ormonali e metabolici.
- ridurre lo spreco alimentare domestico
Nel mondo c’è una forte disuguaglianza riguardo l’accesso al cibo. Da una parte, nei Paesi occidentali si documenta una forte tasso di ipernutrizione e di consumo di cibo ultraprocessato a basso valore nutrizionale, dall’altra, nei Paesi a basso reddito, c’è una forte insicurezza riguardo l’accesso ad un’alimentazione nutriente, sicura e adeguata. Nonostante ciò, si stima che un terzo di tutto il cibo prodotto vada sprecato perchè invenduto o acquistato e non consumato. Questo spreco non solo colpisce direttamente le disuguaglianze del pianeta, ma equivale a sprecare le preziose risorse usate per produrlo, come il suolo, l’energia e l’acqua. Ridurre lo spreco alimentare può a prima vista non avere un impatto diretto sulla salute dell’individuo, ma evidenzia comportamenti egoistici, compulsivi e privi di empatia sociale che, se corretti, vanno a beneficio di ogni persona all’interno della comunità in cui vive.
Referenze:
[1] Crippa, M., Solazzo, E., Guizzardi, D. et al. Food systems are responsible for a third of global anthropogenic GHG emissions. Nat Food 2, 198–209 (2021). https://doi.org/10.1038/s43016-021-00225-9]
[2] www.who.int/health-topics/obesity#tab=tab_1,
[3] https://www.issalute.it/index.php/la-salute-dalla-a-alla-z-menu/i/interferenti-endocrini
[4] https://ourworldindata.org/environmental-impacts-of-food#dairy-vs-plant-based-milk-what-are-the-environmental-impacts
Articolo a cura del Gruppo redazionale di Lipinutragen
Le informazioni riportate non devono in alcun modo sostituire il rapporto diretto tra professionista della salute e paziente.
I consigli alimentari presenti nell’articolo non sono da intendersi sostitutivi di un piano alimentare personalizzato e sono da adattare ai casi specifici.
Foto: 123RF Archivio Fotografico: 69913899 : ©aamulya | Data source: Crippa. M., et al. (2021) Food system are responsible for a third of global anthropogenic GHG emissions. Nature food. Our WordlsinData.org – Research and data to make progress against the world’s largest problems. Licensed under CC-BY by the author Hannah Ritchie.
- Il 29 Agosto 2022