Il ruolo del DHA in gravidanza
Come soddisfare il fabbisogno fetale
Il DHA è un acido grasso polinsaturo (PUFA) appartenente alla serie degli omega-3. La sua attività biologica viene svolta nelle membrane di tutte le cellule dell’organismo dove è presente in proporzione variabile a seconda del tipo cellulare, arrivando a raggiungere circa un 7% nelle membrane neuronali e un 20% nella retina.
Anche se le nostre cellule possiedono gli enzimi per la sintesi del DHA, la produzione da parte del nostro organismo è altamente inefficiente per cui il DHA viene considerato un acido grasso semi-essenziale che deve essere assunto con gli alimenti. La principale fonte di DHA è il pesce poiché si nutre di alghe e, per questo, si comporta come accumulatore di lipidi che le alghe stesse biosintetizzano.
Gli ACIDI GRASSI NECESSARI per il FETO
Tutti gli acidi grassi sono necessari per lo sviluppo e l’accrescimento del feto, sia in quanto fonte di energia che come costituenti delle membrane, senza le quali le nuove cellule in via di formazione non esisterebbero. Durante la gravidanza, la donna deve provvedere sia al proprio fabbisogno di acidi grassi che a quello del feto e della placenta.
Il fabbisogno cambia a seconda dello stadio di gestazione, raggiungendo i massimi livelli nell’ultimo trimestre, quando la richiesta di accrescimento e formazione degli organi del feto è più elevata. Gli acidi grassi polinsaturi, omega-3 e omega-6, oltre al ruolo strutturale, in quanto componenti necessari delle membrane cellulari, hanno un cruciale ruolo metabolico di segnalatori e precursori di molecole effettrici.
La disponibilità durante la gravidanza degli acidi grassi PUFA per tutti questi processi biologici dipende dall’insieme dei:
- livelli assunti prima del concepimento (riserve materne);
- livelli assunti durante la gravidanza (apporto diretto dalla dieta).
Si tratta di fattori che la (futura) gestante può controllare con un’adeguata impostazione nutrizionale. A questi vanno aggiunti i normali meccanismi biologici che regolano:
- la corretta funzionalità e selettività della placenta nel passaggio madre-feto;
- la sintesi placentare e fetale di PUFA a lunga catena.
DHA nei trimestri di gravidanza
Sebbene il fabbisogno energetico della madre aumenti con l’avanzare della gravidanza, questo non significa che la gestante debba “mangiare per due”. Infatti, è sicuramente più importante garantire l’adeguata tipologia di grassi assunta, proprio per il loro ruolo strutturale e funzionale nella formazione del nuovo organismo.
È stato stimato che la quantità totale di DHA nel feto fino alla nascita sia di 10 g, di cui un 60-70% viene principalmente accumulata durante le ultime 10 settimane di gravidanza.
A questa quantità, che deve essere resa biodisponibile durante i 9 mesi, con un picco nell’ultimo trimestre, va sommato il fabbisogno giornaliero della madre, che, ad oggi, si stima venga soddisfatto con un apporto giornaliero di 250 mg di DHA (per un individuo adulto secondo le raccomandazioni EFSA [1]).
Come può la madre garantirsi adeguati livelli di DHA per sé e per accompagnare la crescita del feto?
Riserve di DHA pre-concepimento e apporto dalla dieta
Il fabbisogno fetale di DHA viene soddisfatto sia dal contributo nutrizionale che dalla mobilizzazione dal tessuto adiposo delle riserve materne preesistenti.
Per contro, non si stima rilevante il contributo della sintesi materna, placentare o fetale di DHA, a partire dal suo precursore, acido alfa-linolenico (18:3, omega-3).
- dieta pre-concepimento: formazione delle riserve materne
La dieta abituale della donna prima del concepimento determina la composizione delle riserve materne che verranno mobilizzate principalmente durante l’ultimo trimestre di gestazione.
È stato dimostrato che l’assetto lipidico della donna subito prima del concepimento (maturazione dell’ovulo) e nei primissimi stadi di gravidanza (impianto dell’embrione) abbia un maggiore effetto sul feto rispetto all’apporto nutrizionale negli ultimi due trimestri di gravidanza [2]. Una delle spiegazioni risiede nella corretta formazione della barriera placentare che determinerà l’effettiva entità e selettività degli scambi madre-feto, fattore non direttamente controllabile ed influenzabile durante la gravidanza.
Non da ultimo, adeguate riserve materne al momento di maggiore richiesta fetale di DHA rappresentano un vantaggio evolutivo poiché permettono un apporto costante al feto, indipendentemente dalle fluttuazioni della dieta.
- dieta in gravidanza: il DHA direttamente dalla nutrizione della gestante
Il DHA assunto con la dieta dalla gestante deve essere sufficiente in modo che non si impoveriscano le riserve preesistenti, andando a compromettere sia la salute psico-fisica della donna che la fase dell’allattamento e/o successive gravidanze.
Del “quantitativo” di DHA assunto durante la gravidanza con la dieta, bisogna tenere in considerazione che una percentuale non raggiungerà il feto (nè le membrane cellulari della madre) nel caso in cui esista infiammazione tissutale o condizioni di stress ossidativo cellulare. Inoltre, è stato dimostrato che una dieta ricca di omega-6 determina una diminuzione dei livelli di omega-3 misurabili nel cordone ombelicale alla nascita, ad indicare l’istaurarsi di un fenomeno di competizione fra elementi lipidici PUFA trasferiti al feto [3].
Integratori in gravidanza
Durante la gravidanza, a seconda dello stadio di gestazione, la madre soddisferà il fabbisogno di DHA del feto attingendo dalle sue riserve (depositi adiposi e membrane cellulari) e con l’apporto giornaliero dalla dieta abituale.
Numerosi studi hanno dimostrato la correlazione fra livelli di DHA materno circolante con quelli incontrabili nel cordone ombelicale alla nascita e con una più lunga durata della gestazione, maggiori lunghezza e peso alla nascita e ridotto rischio di parto pre-termine.
Una dieta bilanciata per quanto riguarda gli acidi grassi omega-3 prevede che il fabbisogno giornaliero di DHA per un individuo adulto sia di 250 mg al giorno [1] che può essere soddisfatto tenendo in considerazione che in 100 grammi di pesce possono esserci fino a 500 mg di omega-3 (EPA e DHA).
Se l’apporto è adeguato fin da prima del concepimento, il trasferimento al feto di DHA, sia che esso provenga dai depositi preesistenti o direttamente dalla dieta, sarà sufficiente e non esaurirà le riserve materne. Si è visto infatti che, essendo trascurabile la sintesi placentare e fetale, il DHA che raggiunge il feto dipende esclusivamente dalle concentrazioni circolanti materne.
Se, dopo un’attenta valutazione dei livelli di DHA nelle membrane cellulari dell’eritrocita maturo, si valuta necessaria una integrazione, non bisogna dimenticare che:
- eccessivi livelli di omega-3, dovuti ad esempio da un’integrazione non personalizzata, possono diminuire i livelli di omega-6, anch’essi necessari al feto e per il buon decorso della gravidanza. Inoltre, possono predisporre le cellule a stress ossidativo e formazione di specie lipidiche tossiche;
- supplementi di omega-3 non adeguatamente protetti da un’idonea formulazione antiossidante, vengono “persi” prima di raggiungere le loro destinazioni biologiche, traducendosi quindi in una integrazione inefficace;
- supplementi di omega-3 di bassa qualità, possono contenere elevate concentrazioni di elementi, quali acidi grassi trans econtaminanti ambientali (PCBs, diossine, metalli pesanti).
Riferimenti:
[1] EFSA Journal 2010 8(3): 1461
[2] Wynn M, Wynn A. The case for preconception care of men and women. Bichester, United Kingdom: AB Academic, 1991:64–84
[3] Al MDM, van Houwelingen AC, Badart-Smook A, Hornstra G. Some aspects of neonatal essential fatty acid status are altered by linoleic acid supplementation of women during pregnancy. J Nutr 1995;125:2822–30.
Ulteriori approfondimenti sul nostro BLOG LipiMagazine:
Gli acidi grassi polinsaturi: “L’essenzialità degli acidi grassi polinsaturi”
Il DHA: “omega-3 DHA: “quando i grassi diventano i nostri migliori alleati per la salute”
Integrazione di DHA: “Accendere l’essenza dell’Omega-3 DHA”
Articolo a cura del Gruppo Redazionale di Lipinutragen
Le informazioni riportate non devono in alcun modo sostituire il rapporto diretto tra professionista della salute e paziente.
Foto: 123RF Archivio Fotografico: 92907479 : ©Sergii Gnatiuk / 123rf.com | 94372917: @Antonio Guillem / 123rf.com
- Il 7 Aprile 2021