COME MISURARE L’INFIAMMAZIONE
L’infiammazione cronica sistemica
Negli ultimi tre decenni è aumentata drasticamente l’incidenza di malattie croniche cardiovascolari, respiratorie, neurodegenerative, autoimmunitarie, di diabete e tumori nella popolazione mondiale. Si è visto che alcuni fattori sociali, ambientali e legati allo stile di vita possono promuovere una condizione di infiammazione cronica sistemica che, a sua volta, può favorire l’insorgenza delle suddette malattie, arrivando a rappresentare la principale causa di disabilità e mortalità nel mondo. Più del 50% di tutte le morti nel mondo sono attribuibili a malattie infiammatorie [1].
Le sollecitazioni a cui le persone nel mondo occidentale sono esposte (bassa attività fisica, surplus nutrizionale, stress psico-emotivo) creano un ambiente che promuove una continua attivazione dei sistemi di risposta allo stress. L’eccessiva e/o inappropriata attività del sistema immunitario può portare ad uno stato di infiammazione cronica non risolta, chiamata infiammazione cronica di basso grado.
Biomarkers più utilizzati per valutare l’infiammazione
I markers infiammatori, come ad esempio citochine IL-1, IL-6 e TFN-alfa, Proteina C Reattiva e hs-PCR, sono rilevabili nel sangue attraverso analisi di laboratorio, e se trovati in eccesso vengono messi in relazione con la condizione del soggetto, che si trova per esempio in una fase acuta infiammatoria, o con il rischio cardiometabolico.
Il dosaggio di questi markers rappresenta una misura di alcune delle molecole coinvolte nella condizione di infiammazione, motivando quindi l’intervento con una strategia antinfiammatoria, anche di tipo integrato, per aiutare a “risolvere” la condizione. Il termine “risoluzione” è appropriato nel caso di questo tipo di infiammazione, perché il soggetto viene aiutato a superare questo stato e recupera la funzionalità dei tessuti colpiti riportando alla normalità i livelli dei markers.
Ma nel caso si tratti di una condizione infiammatoria che perdura da tempo, questi markers non spiegano una situazione più complessa in cui il soggetto può trovarsi, soprattutto nel caso in cui viene persa la capacità di controllo e adattamento e quindi l’organismo non riesce a “trovare la strada” per recuperare e risolvere l’infiammazione.
Oggi l’infiammazione è un processo ben chiaro, sin dalle cause primarie che avvengono a livello della cellula, la vera unità funzionale dei tessuti e, per comprendere appieno cosa sta avvenendo in una condizione infiammatoria, è indispensabile conoscere e valutare il profilo molecolare di membrana del soggetto.
L’infiammazione inizia dalle membrane cellulari
La presenza di un eccesso di markers infiammatori nel sangue è il risultato di “qualcosa” che sta avvenendo a monte. Per monitorare gli eventi molecolari alla base dell’attivazione infiammatoria bisogna risalire al vero bersaglio dal quale partono tutti i fenomeni di stress, adattamento e risposta di difesa (in primis l’infiammazione!) che è la cellula, per poi definire il più appropriato intervento di tipo antinfiammatorio.
Lo strumento diagnostico più moderno e appropriato è l’analisi lipidomica di membrana. Difatti, è proprio il livello degli acidi grassi polinsaturi omega-6 (DGLA e acido arachidonico) e omega-3 (EPA e DHA) presenti nelle membrane cellulari del sistema immunitario che determina l’inizio della risposta, con il via delle cascate di segnalazione proinfiammatoria e, successivamente, di quella risolutoria dell’infiammazione, attraverso la produzione di eicoisanoidi e altre molecole come protectine, maresine e resolvine [2].
Valutando la presenza in membrana di questi acidi grassi e gli indici lipidici correlati, si può conoscere, anche preventivamente, quale sia la risposta preferenzialmente attivata dalla cellula in seguito ad uno stimolo. Vi sono profili ben noti che possono portare a problematiche di controllo dello stato infiammatorio, come ad esempio il profilo infiammatorio-immunitario, che presenta eccesso di acido arachidonico e carenza di DGLA oppure il profilo infiammatorio-carenza con deficit di omega-3. In tali casi, l’infiammazione cronica viene di conseguenza, e l’intervento più appropriato è quello di riequilibrare l’assetto degli acidi grassi [3] grazie ad un intervento personalizzato (strategia su base nutrizionale-nutraceutica) consigliato dallo specialista in lipidomica.
Non dimentichiamo che l’infiammazione, sia di tipo “silente” che “conclamato”, in quest’ultimo caso avvalorato dai markers infiammatori di cui si è parlato all’inizio dell’articolo, può accompagnare sia prima che dopo l’evento di infezione virale oppure l’evento della vaccinazione, come è ben dimostrato nel caso della pandemia in corso. UNA RAGIONE IN PIU’ per approfondire la condizione di un paziente che manifesta sintomatologia infiammatoria [4, 5, 6, 7].
L’analisi lipidomica viene realizzata utilizzando la membrana del globulo rosso maturo, e viene eseguita nel nostro Laboratorio di Lipidomica mediante procedura robotica accreditata. L’analisi fornisce una fotografia realistica dell’assetto molecolare del paziente e una valutazione – anche predittiva – dello stato di infiammazione cellulare, utile per il professionista di riferimento (farmacista, medico o nutrizionista) nella definizione dell’intervento personalizzato. Nello specifico, tra i parametri restituiti dalla nostra analisi lipidomica di membrana vi sono:
– quantità di acido linoleico, DGLA e acido arachidonico e corrispondenti indici di attività enzimatiche (delta-6 e delta-5 desaturasi)
– quantità di EPA e DHA
– rapporto omega-6/omega-3
– indice di perossidazione
– PUFA balance, indice di bilanciamento degli acidi grassi polinsaturi omega-6 e omega-3 (indicatore fondamentale per il dosaggio di questi grassi).
[1] GBD 2017 Causes of Death Collaborators. Global, regional, and national age-sex-specific mortality for 282 causes of death in 195 countries and territories, 1980–2017: a systematic analysis for the Global Burden of Disease Study 2017. Lancet 392, 1736–1788 (2018).
[2] Serhan, CL. Pro-resolving lipid mediators are leads for resolution physiology. Nature, 2014, 510, 92-101.
[3] Whaeler, R. Fatty acids: facts vs fiction. Int J Vitam Nutr Res 2021, 1, 1-21.
[4] Wong, RSY. Inflammation in COVID-19: from pathogenesis to treatment. Int J Clin Exp Pathol. 2021 Jul 15;14(7):831-844.
[5] Kahn, B. et al. Multisystem Inflammation and Organ Dysfunction After BNT162b2 Messenger RNA Coronavirus Disease 2019 Vaccination, Critical Care Explorations: November 2021 – Volume 3 – Issue 11 – p e0578 doi: 10.1097/CCE.0000000000000578.
[6] Khayat-Khoei, M. et al. COVID-19 mRNA vaccination leading to CNS inflammation: a case series. J Neurol. 2021 Sep 4:1–14.
[7] Ostrowski, SR. et al. Inflammation and Platelet Activation After COVID-19 Vaccines – Possible Mechanisms Behind Vaccine-Induced Immune Thrombocytopenia and Thrombosis. Front. Immunol. 2021, 12:779453. doi: 10.3389/fimmu.2021.779453.
Le informazioni riportate non devono in alcun modo sostituire il rapporto diretto tra professionista della salute e paziente.
I consigli alimentari presenti nell’articolo non sono da intendersi sostitutivi di un piano alimentare personalizzato e sono da adattare ai casi specifici.
- Il 24 Gennaio 2022
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