Le varietà dello zucchero: l’attenzione rivolta ai DOLCIFICANTI
Le origini di quello che comunemente chiamiamo “zucchero”:
Lo zucchero veniva prodotto sin dall’antichità estraendolo dalla canna da zucchero. Da un utilizzo marginale ed elitario, dal 1800 in Europa assistiamo invece alla diffusione di questo prodotto su più ampia scala, grazie al più economico zucchero derivato dalla barbabietola. Dal punto di vista chimico in entrambi i casi si tratta della stessa molecola di saccarosio, un disaccaride formato da glucosio e da fruttosio.
Attualmente, i consumi mondiali di zucchero sono in continuo aumento, soprattutto come ingrediente di cibi immessi in commercio dall’industria alimentare. Si consideri, ad esempio, che il 74% dei prodotti alimentari negli Stati Uniti contengono un qualche tipo di edulcorante, calorico o non calorico (1).
Poiché i consumi di zucchero sono legati ai rischi per la salute cardiometabolica in primis, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (O.M.S.) ne raccomanda la riduzione al 10% o meglio ancora al 5% delle calorie totali giornaliere.
Dove troviamo lo zucchero (anche “nella versione in incognito”)?
Oltre alla difficoltà a fare a meno dello zucchero, legata alla dipendenza che il suo consumo genera, è sempre più difficile per chi vuole evitarlo, scovarlo nell’elenco di ingredienti dei prodotti confezionati.
Esiste ormai una varietà di derivati chimici di questa molecola, varianti naturali estratte da piante, dolcificanti privi di calorie, ecc. per cui si rende necessaria una spiegazione per avere un’informazione corretta.
Cerchiamo di fare chiarezza al riguardo.
La classificazione dei dolcificanti e le loro caratteristiche:
In base alla loro origine, i dolcificanti possono essere classificati in naturali ed artificiali; i primi derivano da piante e di solito sono calorici, i secondi sono ottenuti mediante sintesi chimica e sono privi di calorie.
I dolcificanti naturali:
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naturali derivati dallo zucchero come glucosio, saccarosio, fruttosio.
Il saccarosio si trova sulle nostre tavole sotto diverse forme, alcune riconoscibili come lo zucchero raffinato bianco e di canna (sia raffinato che integrale), ma anche sotto forma di sciroppo di mais, di glucosio e di fruttosio concentrato. In particolare, fra i dolcificanti derivati dagli zuccheri, il fruttosio, se assunto in quantità eccessive, può essere responsabile a livello intestinale di gonfiori, algie e diarrea. L’uso del fruttosio come primaria fonte dolcificante in quantità eccessive può inoltre essere responsabile di steatosi epatica. -
derivati dai polialcoli (isomalto, mannitolo, maltitolo, sorbitolo, xilitolo, lactitolo).
I polialcoli, sorbitolo, isomalto, maltitolo, mannitolo, hanno la metà delle calorie del saccarosio (2 Kcal/g), ma, a parità di peso, dolcificano di meno. Un mezzo circa del loro apporto viene metabolizzato dalla flora batterica intestinale e, in alcuni individui, ciò può causare meteorismo e/o diarrea. E’ pertanto consigliabile non abusarne. A differenza dei derivati degli zuccheri il loro potere cariogeno è inferiore, in quanto i polioli non sono molto fermentabili dalla flora batterica del cavo orale. -
derivati da glucosidi, carboidrati complessi acalorci come la stevia.
Lo stevioside (derivato dalla Stevia rebaudiana) è un dolcificante privo di calorie che non viene metabolizzato perché una volta idrolizzato dalla flora batterica intestinale forma lo steviolo. Quest’ultimo prodotto si coniuga a livello epatico con acido glucuronico e viene escreto con le urine. - derivati da carboidrati complessi calorici come ad esempio dall’amido, come maltosio, le maltodestrine, lo sciroppo di malto, lo sciroppo di amido con fruttosio, presenti in cibi e bevande, ma anche in molti integratori e ricostituenti.
Questi dolcificanti spesso non vengono riconosciuti come tali, pertanto non si è consapevoli che si sta assumendo un nutriente che ha impatto metabolico rilevante sull’organismo.
Come possiamo notare i nomi dello zucchero possono essere molteplici. Alcuni alimenti, come il miele, il succo d’uva, lo sciroppo d’acero, d’agave, di riso, di sorgo contengono zucchero sotto diverse forme e vengono inseriti in moltissimi alimenti. Esempi possono essere: yogurt, bevande, snack, pane in cassetta, sughi pronti, affettati, cibi surgelati, panature e salse. Per questi motivi passano spesso inosservati al consumatore.
I dolcificanti artificiali:
I dolcificanti di sintesi o artificiali, sono diversi e vanno dalla saccarina, all’aspartame, l’acesulfame K, il sucralosio e il ciclammato. Hanno di solito un potere dolcificante molto più elevato del saccarosio. Rientrando nella categoria degli additivi chimici, sono disciplinati dalle stesse leggi. Per essi l’autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) ha stabilito una soglia di sicurezza di consumo che non apporti rischi per la salute. Per tale ragione, il controllo del consumo di questi dolcificanti è piuttosto definito.
Vengono normalmente usati dall’industria alimentare in aggiunta a snacks, biscotti, bevande; gli alimenti e le bevande risultano quindi privi di zuccheri aggiunti. Sebbene siano privi di calorie, diversi studi su modelli sperimentali hanno dimostrato una loro influenza sull’omeostasi metabolica energetica e glucidica, sull’appetito e sul delicato equilibrio del microbiota intestinale.
L’opinione del nutrizionista
Secondo la dietologia centrata sulle calorie, gli zuccheri non destano particolari preoccupazioni, purché il peso corporeo sia mantenuto costante. In una visione della nutrizione più ampia e sistemica, ci sono criticità, derivate dall’ingestione di zuccheri, sulla glicemia ematica e a cascata su meccanismi ormonali che determinano tra le altre cose l’accumulo di grasso, sul microbiota e la permeabilità intestinale, sul sistema cerebrale del piacere e della dipendenze da cibo (per approfondimenti clicca qui) per citarne alcuni. D’altronde l’uomo ha sviluppato nel corso dell’evoluzione molti più sistemi ormonali adatti a sopravvivere alle carestie che per gestire gli accumuli continui legati a periodi di abbondanza, come invece si verifica ai giorni nostri.
Il consiglio pertanto è quello di limitarne o evitare l’assunzione discrezionale di zuccheri semplici o di edulcoranti e di iniziare a capire dove e in quale quantità sono presenti come ingredienti nei prodotti che troviamo sugli scaffali e che poi finiscono nel nostro piatto. Questo ci permetterà di poter operare delle scelte consapevoli per noi e soprattutto per chi dipende da noi per il cibo e poter, in parte, condizionare l’offerta della tipologia di prodotti alimentari.
Questo ovviamente non significa l’esclusione dalla nostra tavola di cibi che contengono naturalmente degli zuccheri, come ad esempio alcune verdure e in particolare la frutta, ma ci si riferisce in particolare alle preparazioni alimentari e cibi confezionati.
Bibliografia
(1) Popkin BM, Hawkes C. Sweetening of the global diet, particularly beverages: patterns, trends, and policy responses. Lancet Diabetes Endocrinol. 2016 Feb;4(2):174-86. doi: 10.1016/S2213-8587(15)00419-2. Epub 2015 Dec 2
Se ti sei perso l’articolo Che vita sarebbe senza zuccheri >> clicca qui
Articolo a cura di:
Dott.ssa Nicoletta Bocchino – Biologa Nutrizionista
Dr. Francesco Bonucci – Biologo Nutrizionista
I consigli alimentari presenti nell’articolo non sono da intendersi sostitutivi di un piano alimentare personalizzato e sono da adattare ai casi specifici.
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- Il 24 Ottobre 2018