L’IMPATTO DELL’INDICE GLICEMICO
Partiamo dai carboidrati
Per capire ed imparare ad usare l’indice glicemico, dobbiamo fare prima un breve ripasso del metabolismo dei carboidrati.
Quando mangiamo cibo contenente carboidrati (ad esempio cereali, pasta o frutta) il sistema digestivo li spezzetta in molecole più piccole, chiamate zuccheri semplici, che successivamente entrano nel circolo sanguigno. Con l’aumentare dei livelli di zuccheri nel sangue, il pancreas produce insulina, un ormone che comunica alle cellule la necessità di incamerare lo zucchero circolante per produrre energia cellulare o per immagazzinarlo. In questo modo, gli zuccheri restano nel sangue un tempo limitato per poi tornare, a digiuno, ai livelli normali, che per un adulto normoglicemico sono definiti nel range 60-100 mg/dL.
Cos’è l’indice glicemico
L’aumento dei livelli di zucchero nel sangue (glicemia) dipende dal cibo assunto, dal suo contenuto di carboidrati e dalla digeribilità.
In passato i carboidrati venivano classificati come “semplici” o “complessi”, con riferimento alla loro struttura chimica (mono o polisaccaridi). Questa semplice divisione può evidenziare la differente rapidità con cui queste sostanze si rendono disponibili come fonte di energia. Questa classificazione, tuttavia, non spiega la differente capacità di questi cibi di indurre un innalzamento dei livelli di zucchero nel sangue, un’informazione molto importante per la gestione dell’alimentazione abituale, in particolare di una persona affetta da una malattia cronica come obesità o diabete.
L’indice glicemico (IG) è stato quindi elaborato per offrire una migliore classificazione degli alimenti contenenti carboidrati [1]. Si tratta di un valore da 0 a 100 che indica con che velocità e di quanto il consumo di un dato alimento aumenti la glicemia rispetto allo zucchero da cucina (che ha valore 100) [2].
E’ possibile classificare gli alimenti in 3 categorie:
- a basso indice glicemico = inferiore a 55
- a medio indice glicemico = fra 56 e 69
- ad alto indice glicemico = da 70 a 100
Gli alimenti a basso IG sono in generale digeriti più lentamente, grazie, ad esempio, alla presenza di fibre, portando ad un aumento graduale dello zucchero nel sangue.
Gli alimenti ad alto indice glicemico, al contrario, sono rapidamente immessi nella circolazione sanguigna e generano un’impennata repentina della glicemia, creando il cosiddetto picco glicemico. È bene evitare il ripetersi di importanti fluttuazioni della glicemia, poiché aumentano il rischio di sviluppare insulino-resistenza, diabete di tipo 2, malattie cardiache, sovrappeso e obesità.
Inoltre, non bisogna dimenticare che esiste un legame diretto fra alti livelli di zucchero nel sangue, infiammazione e stress ossidativo, per cui è ancora più importante evitare l’instaurarsi di una condizione di iperglicemia, agendo in termini di prevenzione sulla dieta abituale.
Fattori che influenzano l’indice glicemico
Le tabelle che riportano i valori di IG si riferiscono al consumo di un alimento da solo e a stomaco vuoto; condizione molto rara nella dieta abituale. Inoltre, lo stesso alimento può subire lavorazioni ed avere diverse caratteristiche di digeribilità e assorbimento. Per queste ragioni, ci sono vari fattori da tenere in considerazione.
L’IG aumenta in caso di:
– raffinazione del cibo, come ad esempio avviene per le farine, ottenute da grano privato di crusca e germe;
– macinazione; alimenti finemente macinati sono più rapidamente digeriti;
– avanzata maturazione di frutta e verdura.
Al contrario, l’IG diminuisce:
– se aumenta il contenuto di fibre;
– se l’alimento si associa ad altri macronutrienti come grassi e proteine, che rallentano complessivamente la digestione della pietanza;
– in base al grado di cottura. Ad esempio, la pasta al dente ha un IG inferiore della pasta scotta.
Una limitazione all’uso esclusivo dell’IG è data dal fatto che non tiene in considerazione la quantità di cibo consumata. Per questo è stato definito il Carico Glicemico che combina la quantità di cibo consumata con l’IG dell’alimento.
Tuttavia l’Indice Glicemico è un riferimento semplice ed utile per insegnare alle persone ad identificare e differenziare gli alimenti in base al loro effetto sulla glicemia (e di conseguenza a preferire quelli meno processati e raffinati), ma anche a comporre il pasto mediante l’associazione di tutti i macronutrienti.
Bibliografia
[1] D J Jenkins et al. (1981) “Glycemic index of foods: a physiological basis for carbohydrate exchange”. Am J Clin Nutr Mar; 34(3): 362-6
[2] Atkinson FS et al. (2008) “International Tables of Glycemic Index and Glycemic Load Values: 2008“. Diabetes Care Dec; 31(12): 2281–2283.
Per approfondire su LIPIMAGAZINE:
Articolo a cura del Gruppo redazionale di Lipinutragen
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I consigli alimentari presenti nell’articolo non sono da intendersi sostitutivi di un piano alimentare personalizzato e sono da adattare ai casi specifici.
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- Il 23 Febbraio 2022
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