Lipidomica e rischio cardiovascolare
Le patologie cardiovascolari (CV) rimangono, a livello mondiale, la principale causa di morte ed uno dei fattori di disabilità che influenzano la qualità della vita.
Elevati livelli di colesterolo sono tra i responsabili dell’incremento del rischio cardiovascolare insieme a fumo, abuso di alcool, ipertensione, e obesità.
In particolare l’eccesso di colesterolo è responsabile per il 56% dei casi di patologie coronariche (CHD), e per il 18% di episodi ischemici (2002 data).
E’ inoltre il principale fattore di rischio nell’ arterosclerosi; un disordine infiammatorio cronico caratterizzato da accumulo di lipidi e colesterolo e dallo sviluppo di placche fibrotiche lungo le pareti arteriose, un processo che coinvolge massivamente cellule del sistema immunitario come i macrofagi.
Studi osservazionali, sperimentali e trial clinici sulla prevenzione primaria in pazienti precedentemente colpiti da infarto del miocardio, hanno dimostrato l’effetto benefico degli acidi grassi poliinsaturi (PUFA) n-3, noti anche come mediatori primari dell’infiammazione.
I PUFA n-3, acido eicosapentaenoico (EPA) e acido docosaesaenoico (DHA), hanno prodotto effetti positivi nella prevenzione CV primaria e secondaria, come dimostrato da 4 trial di quasi 40.000 partecipanti con somministrazione di EPA con e senza DHA.
L’assunzione di PUFA n-3 riduce, inoltre, il rischio di mortalità cardiovascolare.
I meccanismi che spiegano la protezione da parte degli omega-3 nella prevenzione primaria e secondaria si ricollegano a note proprietà di questi PUFA, in grado di ridurre la concentrazione di triacilgliceroli ematici, la produzione di fattori di crescita, di molecole di adesione, di eicosanoidi infiammatori e di citochine pro-infiammatorie.
Inoltre sono in grado di ridurre la pressione sanguigna, di incrementare la produzione di ossido nitrico, il rilassamento endoteliale; riducono gli eventi trombotici e le aritmie cardiache.
Importanza della dieta:
gli acidi grassi e le lipoproteine plasmatiche
La correlazione tra l’apporto di grassi dalla dieta, le lipoproteine plasmatiche e la morbosità e mortalità associate alle malattie cardiovascolari è stata oggetto di numerosi studi, basati sulla crescente importanza della corretta alimentazione, intesa in termini di quantità e soprattutto qualità della componente lipidica assunta con la dieta.
Essa infatti, si ripercuote sulla concentrazione plasmatica di colesterolo e, di conseguenza, sul rischio di sviluppare patologie cardiovascolari.
L’anello di congiunzione tra questi elementi viene frequentemente indicato con l’appellativo di PARADIGMA DIETA- CUORE, in cui la lipidomica riveste un ruolo essenziale.
In particolare è ben noto e dimostrato che gli acidi grassi saturi (SFA) ingeriti con gli alimenti posseggono un potente effetto sull’incremento del colesterolo plasmatico; essi incrementano i livelli sia delle LDL che delle HDL plasmatiche, ma l’effetto sulle prime è di gran lunga superiore [1].
L’effettivo ruolo dei grassi saturi nell’incremento del rischio di CVD è riferito soprattutto agli SFA tra 12 e 16 C (acido laurico, miristico e palmitico), mentre l’acido stearico (C18:0) non sembra incrementare i livelli di colesterolo LDL [2].
Bibliografia
(1) Salter AM and White DA 1996. Effects of dietary fat on cholesterol metabolism: regulation of plasma LDL concentration. Nutrition Research Reviews 9, 241–257
(2) Yu SM, Derr J, Etherton TD and Kris-Etherton PM 1995. Plasma cholesterolpredictive equations demonstrate that stearic acid is neutral and monounsaturated fatty acids are hypocholesterolemic. American Journal of Clinical Nutrition 61, 1129–1139
Articoli a cura di:
Dr. Francesco Bonucci – Biologo Nutrizionista
Prof.ssa Maria Rosaria Faraone Mennella – Professore di Chimica Biologica Univ. Federico II di Napoli
- Il 16 Luglio 2015