Obesità infantile
L’educazione alimentare inizia nel grembo materno
Siamo in un momento in cui la parola “pandemia” è diventata di uso quotidiano. Eppure, lo stesso termine viene da tempo usato per riferirsi a quelle patologie metaboliche, tipiche dell’età adulta, che oggigiorno stanno colpendo sempre di più anche i bambini. Diagnosi di obesità, diabete, steatosi epatica in età pediatrica sono in aumento con una tendenza allarmante.
Nonostante la maggior parte dell’interesse sia orientato ai fattori ambientali e comportamentali che influenzano la salute del bambino nei suoi primi anni di vita (fra cui l’eccessivo consumo di alimenti ipercalorici a basso tenore nutrizionale e le abitudini sedentarie), le evidenze scientifiche puntano l’attenzione anche sulla cosiddetta programmazione metabolica in utero che contribuisce a determinare il comportamento del nascituro nei confronti del cibo.
La REGOLAZIONE dell’APPETITO
La regolazione dell’assunzione di cibo è il risultato di un complesso network di comunicazione neuronale che avviene principalmente nell’ipotalamo, dove viene definito il comportamento di ciascun individuo nei confronti del cibo.
Durante lo sviluppo fetale, si formano i “neuroni dell’appetito” (oressigeni) e i “neuroni della sazietà” (anoressigeni). Questi, in equilibrio numerico fra di loro ed in stretta connessione con gli organi periferici deputati al metabolismo glucidico e lipidico, regoleranno l’assunzione di cibo in base ai requisiti calorici e nutrizionali dell’organismo del nascituro.
Accanto al controllo del bilancio energetico, nell’ipotalamo si forma anche il circuito neuronale della ricompensa, mediato dall’azione della dopamina, grazie al quale l’individuo sarà “ripagato” con il piacere dopo aver espletato una funzione necessaria alla sua sopravvivenza (come, appunto, quella di alimentarsi) e verrà indotto a ripetere l’azione.
Fame omeostatica e fame edonica
Il nostro approccio al cibo è quindi definito sia dai livelli di energia che dai livelli di piacere che il cervello usa come sensori per stabilire quando ricorrere al consumo di cibo.
La fame omeostatica si attiva in seguito ad un calo energetico: si ricerca l’assunzione di cibo per poi interromperla quando è stato raggiunto l’apporto nutritivo ed energetico richiesto.
In aggiunta, per la sopravvivenza della specie, abbiamo anche sviluppato la cosiddetta fame edonica: il piacere legato al consumo di cibo (specialmente quello a maggior apporto energetico) induce a continuare ad introdurre cibo, anche quando energeticamente non c’è necessità.
Nell’uomo, i centri neuronali della fame omeostatica e quelli della fame edonica sono strettamente associati in modo che la fame edonica sia regolata da quella omeostatica in base alle reali necessità dell’organismo.
Programmati all’obesità
Secondo il concetto di programmazione metabolica in utero, l’ambiente nutrizionale e ormonale della madre influenza lo sviluppo degli organi deputati alla gestione del bilancio energetico (cervello, tessuto adiposo, pancreas, fegato, muscolo…), determinando la capacità di regolazione del metabolismo del bambino negli anni che verranno.
Nell’uomo la neurogenesi e la formazione dei circuiti neuronali deputati alla regolazione dell’appetito avvengono quasi interamente durante la vita fetale. Risulta quindi di estrema importanza controllare la dieta e la condizione metabolica della gestante poiché i nutrienti introdotti in gravidanza e gli ormoni circolanti potrebbero alterare la programmazione neuronale del bambino e quindi il comportamento che avrà nei confronti del cibo durante tutta la sua vita.
La letteratura scientifica sull’argomento è vastissima e qualsiasi rassegna risulta fortemente riduttiva. Tuttavia, per schematizzare, i principali fattori di stress nutrizionale o ormonale durante la gravidanza, che hanno un impatto negativo sull’imprinting metabolico, sono:
-
stato di sovrappeso o obesità della madre al momento del concepimento
-
rapido e marcato aumento di peso durante la gravidanza
-
dieta ricca di grassi (vedi paragrafo “il ruolo dei grassi”)
-
condizione preesistente di insulinoresistenza o diabete nella gestante
Nello specifico, ma non in modo esaustivo, per quanto riguarda lo sviluppo dei centri neuronali di regolazione dell’appetito, menzioniamo i seguenti effetti.
- Una dieta ricca di grassi saturi o l’esposizione ad una condizione di iperglicemia
– diminuisce il numero di neuroni che si formano
– altera l’equilibrio “neuroni sazietà”/”neuroni dell’appetito” a favore di questi ultimi
aumentando la preferenza verso alimenti ricchi di grassi e promuovendo un comportamento impulsivo nei confronti del cibo.
- Una dieta ricca di junk food (cibo spazzatura) in gravidanza orienta la preferenza del nascituro verso cibi spazzatura, più palatabili, più grassi, più dolci o più salati, inducendo una sorta di saturazione (burnout) del sistema di ricompensa che si vede soddisfatto solo con cibi maggiormente appetitosi.
- Il tessuto adiposo disfunzionale della mamma obesa sottopone il feto ad una eccessiva esposizione a leptina e insulina con conseguente
– alterazione della neurogenesi (numero di neuroni formati)
– alterazione dell’organizzazione delle sinapsi nell’ipotalamo
– inibizione selettiva dei neuroni della sazietà
predisponendo il nascituro a sviluppare un comportamento impulsivo ed iperfagico.
- Elevati livelli di citochine infiammatorie correlati alla condizione infiammatoria della mamma obesa
– perturbano i sistemi dopaminergici della ricompensa
– perturbano i sistemi serotoninergici dell’umore
producendo stati di ansia accompagnati da un comportamento iperfagico nel bambino, in modo del tutto paragonabile agli stati di dipendenza da droghe (“addition-like eating”)
Tutti questi effetti sul comportamento alimentare hanno il potenziale di perpetuarsi nelle generazioni successive quando le bambine, nate con questo tipo imprinting metabolico, saranno a loro volta gestanti con problemi metabolici e/o abitudini alimentari fortemente alterate.
Il ruolo dei grassi
In seguito alla pubblicazione sulla rivista scientifica Lancet dell’ipotesi di David Barker sulle origini della salute e delle malattie croniche , molti degli studi su modelli animali orientati a comprendere gli effetti dello stato nutrizionale della gestante sulla programmazione metabolica del feto si sono focalizzati sui grassi, principalmente saturi, senza prestare attenzione alla proporzione fra famiglie di saturi, monoinsaturi, polinsaturi omega-6 e omega-3.
Anche se è vero che in termini di macronutrienti, è la quantità di grassi (non di proteine o carboidrati) a definire le correlazioni più forti fra dieta materna, imprinting metabolico e comportamento alimentare del bambino, oggigiorno questa categorizzazione è concettualmente riduttiva.
Il ruolo centrale dei grassi nella dieta della gestante, come determinante del rischio per il bambino, non è un concetto che stupisce poiché è risaputo quanto essi siano importanti nella creazione e funzionalità delle membrane cellulari e quindi nella risposta delle cellule ai segnali ormonali, anche in termini di regolazione dell’espressione dei geni responsabili del metabolismo energetico. Tuttavia, dobbiamo fare un passo avanti e differenziare: di quali grassi stiamo parlando?
Non possiamo infatti dimenticare che il drammatico aumento nell’incidenza di patologie cardiometaboliche degli ultimi 50 anni va di pari passo con la diffusione della dieta occidentale, ricca di alimenti processati con oli vegetali e raffinati. I maggiori squilibri nella composizione di grassi della dieta moderna possono essere riassunti in:
– fortissimo aumento di fonti omega-6 (acido linoleico da oli vegetali) a scapito degli omega-3 di origine animale (EPA e DHA) e, di conseguenza, un forte squilibrio del rapporto omega-6/omega-3
– aumento del consumo di grassi saturi da oli raffinati e prodotti di origine animale
– forte aumento di grassi trans negli alimenti
Quindi, per comprendere appieno il ruolo di eccessi o carenze di grassi, è necessario puntare l’attenzione sullo squilibrio nel profilo degli acidi grassi alimentari introdotti con la dieta, piuttosto che sull’effetto dell’eccesso assoluto di una famiglia di questi.
Conclusioni
La prevenzione dell’obesità infantile inizia dallo sviluppo fetale, cioè quando i nutrienti e gli ormoni materni influenzano la formazione e la programmazione degli apparati deputati alla gestione del bilancio energetico dell’organismo del nascituro.
Si tratta quindi di un periodo critico per lo sviluppo in cui determinati fattori di stress metabolico alterano l’approccio del bambino nei confronti del cibo, predisponendolo a sviluppare obesità, insulino-resistenza, dislipidemie ed ipertensione in giovane età.
Una buona prevenzione può essere fatta seguendo i principi della nutrilipidomica fin dall’epoca preconcepimento mediante il miglioramento delle abitudini alimentari (equilibrio nell’apporto delle famiglie di acidi grassi nella dieta) e del metabolismo glucidico e lipidico della futura mamma.
Questo intervento sarà ancora più efficace se personalizzato allo stato molecolare della donna in modo da definire una strategia individuale e raggiungere così un equilibrio di salute da perpetuare nelle generazioni a venire.
Per Approfondire:
- Developmental Origins of Adult Health and Disease (DOHaD) hypothesis
Barker DJ et al. “Infant mortality, childhood nutrition, and ischaemic heart disease in England and Wales” Lancet 1986, 1: 1077–1081 - Programmazione metabolica
Lucas A. “Programming by early nutrition in man. The childhood environment and adult disease.” Ciba Foundation Symposium 156. G. Bock and J. Whelan. Chichester, John Wiley and Sons 1991, 38–50
Bouret SG. “Nutritional programming of hypothalamic development: critical periods and windows of opportunity” International Journal of Obesity Supplements 2012, 2: S19-S24
Shook LL et al. “Fetal brain and placental programming in maternal obesity: A review of human and animal model studies” Prenatal Diagnosis. 2020, 1–12. - DIETA OCCIDENTALE
Simopoulos AP “Essential fatty acids in health and chronic disease” The American Journal of Clinical Nutrition 1999, 70(suppl): 560S–9S
Wolmarans P. “Background paper on global trends in food production, intake and composition” Annals of Nutrition & Metabolism 2009, 55: 244–272. - NUTRILIPIDOMICA
Chatgilialoglu C and Ferreri C. “Nutrilipidomics: A Tool for Personalized Health” Journal of Glycomics & Lipidomics 2012, 2:3
Ferreri C e Chatgilialoglu C. “Membrane lipidomics for personalized Health” Wiley 2015
Articolo a cura del Gruppo redazionale di Lipinutragen
Foto: 123RF Archivio Fotografico: 59197600 @Win Nondakowit / 123rf.com – 123RF Archivio Fotografico: 64104329 @lightwise / 123rf.com
- Il 6 Novembre 2020